Dopo un’edizione in cui il Giro ha venduto la sua anima, si tornerà ad avere un percorso veramente degno di nota, accolto con gioia dall’enorme maggioranza degli appassionati per alcune ottime tappe di montagna nel finale di corsa, chilometraggi in stile vecchia scuola e cronometro in buona quantità. Detto questo però, ci sono anche aspetti negativi come andremo a vedere. Alcuni si sono lamentati per la quasi totale assenza del sud, con la Cassino – San Giovanni Rotondo come punto più meridionale, ma RCS ha avuto i suoi motivi: la partenza e la completa permanenza nello Stivale costringono a fare delle scelte a livello logistico ed economico (il Grand Depart dall’estero porta buona parte degli introiti e questo “libera” un po’ la tracciatura dei disegnatori) e va considerato che si arriva da due edizioni in cui il Mezzogiorno è stato girato in lungo ed in largo.
Come detto, le frazioni di montagna presenti sono veramente buone, con il tappone di Ponte di Legno che spicca su tutte, oltre ad essere posizionate in sequenza praticamente perfetta, sarebbe stato difficile fare di meglio. Ci sono comunque anche cose che non vanno: una prima settimana esageratamente blanda (che ricorda molto quella del mitico Giro 2005), con la durezza tutta concentrata negli ultimi dieci giorni; poca pianura nei 58,5 km di cronometro (che comunque sono più del doppio di quelli proposti dal Tour 2019, chapeau a RCS) ed alcuni percorsi francamente deludenti, ma comunque sono decisamente più i pro dei contro. Oltre ai fattori già citati infatti, da apprezzare moltissimo la lunghezza delle tappe (ben 9 over 200 km di cui 7 sopra i 219 km, cifre spettacolari per gli amanti del fondo) e la buona presenza di media montagna. Addentriamoci ora nei dettagli del tracciato.
La Corsa Rosa numero 102 inizierà con una cronometro molto particolare: 8,2 km tra le strade di Bologna e traguardo davanti al Santuario della Madonna di San Luca, classico finale del Giro dell’Emilia (profilo 2018). La salita è spettacolare, con il portico a fiancheggiare la carreggiata e la celeberrima Curva delle orfanelle. I primi 6 km sono pianeggianti e rapidi, mentre sulle terribili pendenze dell’erta felsinea i ciclisti si ritorceranno per la prima fatica di questo Giro d’Italia, magari pensando a Magni che nel 1956 affrontò la cronoscalata di 2,45 km (video) con la clavicola rotta e un tubolare tra i denti per fare forza sul manubrio o a Charly Gaul, che quella prova la vinse, per poi aggiudicarsi anche la maglia rosa finale dopo l’impresa sul Bondone (profilo – video). L’ultima volta la carovana rosa è arrivata qui nel 2009, con la vittoria di Gerrans in fuga e la leggendaria crisi di Froome, quando ancora non era il dominatore di grandi giri che poi è diventato (profilo – video). Difficile pensare ad un modo migliore per iniziare un GT, scelta spettacolare di RCS – mappa interattiva.
Si partirà di nuovo da Bologna per la prima tappa in linea, 200 km fino a Fucecchio con un percorso non banale: negli ultimi 50 km ci saranno infatti due salite, con l’ultima che si concluderà a circa 22 km dal traguardo. La prima è decisamente la più impegnativa, con i suoi 5,5 km al 7,1% e qui i puncheur dovranno provare a staccare i velocisti puri, magari anche attaccando. Dopo la picchiata su Vinci inizierà il famosissimo San Baronto, punto di riferimento per tutti i ciclisti che abitano in Toscana. Si scalerà dal versante più semplice, con gli ultimi 5 km che saranno gli stessi usati nel GP di Larciano (profilo 2018). Anche la discesa sarà la medesima, con Mohoric che quest’anno ha fatto uno show per presentarsi in solitaria sul traguardo (video). Stavolta però ci saranno da percorrere più chilometri in piano per arrivare a Fucecchio, con il dentello di Cerreto Guidi a dare una possibilità ai finisseur. Tutto dipenderà dal ritmo del gruppo e probabilmente ci sarà comunque uno sprint più o meno ridotto, ma scelta apprezzabile degli organizzatori che hanno disegnato un finale incerto – mappa interattiva.

La carovana si dirigerà verso l’Argentario per il primo sprint chiaro della Corsa Rosa, dopo ben 219 km. Tappa molto semplice, con gli ultimi 30 km totalmente piatti. Addentrandosi di più nel promontorio, si sarebbe potuto disegnare un finale ben più interessante, anche se a quel punto si sarebbe dovuto alleggerire quello di Fucecchio. Inoltre un settore di 3 km sarebbe dovuto essere asfaltato – mappa interattiva alternativa. Tappa mossa ma comunque semplice verso Frascati, ma di nuovo con chilometraggio molto impegnativo: ben 228 km. Comunque tutto l’interesse sarà concentrato sugli ultimi 4: sulla breve ascesa alla città laziale, molto simile a quella usata nel Mondiale 1955 (profilo – mappa), si deciderà infatti il vincitore di giornata, con ciclisti come Valverde, Ulissi o Battaglin che potrebbero farla da padrone (come anche Sagan o Matthews, ma non sarà facile vederli al via). Gli ultimi 1,7 km presentano una pendenza media del 6,5%, troppo dura per i velocisti alla Viviani (nonostante il suo miglioramento clamoroso) – mappa interattiva. Partendo dal presupposto che un uphill sprint ha perfettamente senso in questo punto della corsa, RCS avrebbe potuto sfruttare la salita di Tuscolo, proprio sopra Frascati, per presentare un finale più interessante – mappa interattiva alternativa.
Il giorno dopo i corridori si troveranno subito in partenza due salite come Rocca Priora e Rocca di Papa, perfette per la formazione di una fuga di spessore, ma sarà molto difficile beffare gli sprinter visto che le squadre saranno ancora molto fresche. Gli ultimi 40 km sono totalmente pianeggianti – profilo. La carovana rosa affronterà, in una frazione di ben 233 km, la prima salita “seria” di questa edizione prima del traguardo a San Giovanni Rotondo: Coppa Casarinelle, che nella sua prima parte misura 11,8 km al 4,7%, una specie di Montevergine. Come potete capire, non è un’ascesa impossibile, ma l’arrivo posto 13 km dopo la cima la rende molto interessante per movimenti tattici, ben più aperta dell’ascesa al santuario campano. Dopo la breve discesa su San Marco in Lamis, i ciclisti dovranno affrontare uno strappo di 2,6 km al 5,6%, con una seconda metà abbastanza impegnativa. Uno sprint ristretto tipo quello di Serra San Bruno nel 2013 è l’opzione più probabile, ma i finisseur avranno terreno per provarci.
Altra tappa di media montagna a L’Aquila, dove il Giro tornerà 9 anni dopo quella leggendaria del 2010 (profilo – video), disegnata per visitare le zone colpite dal terribile terremoto del 2009. Gli ultimi 50 km saranno praticamente identici, con il solo strappo di Acquasanta a sostituire quello di Tempera usato l’ultima volta – vecchio finale. Ovviamente si sentirà la gran differenza fatta dal percorso precedente, nel 2010 c’erano 262 km e salite come Rionero Sannitico e Roccaraso prima de Le Svolte di Popoli. La rapida sequenza dei due strappi finali è molto interessante comunque – mappa interattiva, con il primo che misura 1,7 km al 7,2% medio e che potrebbe spezzare il gruppo in vista dell’ultimo verso Via Crispi, usato anche nel già citato Giro 2005 (profilo – video), quando Di Luca si prese tappa e maglia in casa. Torno a sottolineare la somiglianza tra le prime settimane di quella e questa edizione, un ciclista come Valverde potrebbe aggiudicarsi addirittura 3/4 successi parziali. Parlando di alternative, a Navelli si sarebbe potuto svoltare verso Calascio, ascesa già utilizzata quest’anno prima del traguardo in quota sul Gran Sasso, aggiungendo un’erta più significativa – mappa interattiva proposta.
Per il sabato RCS ha pensato alla tappa marchigiana, anche se non ci saranno i muri caratteristici della zona, ma comunque diverse salite e ben 235 km, la 4° frazione sopra i 219 km nella prima settimana. Questi lunghi chilometraggi si potrebbero far sentire a fine corsa, per maggiori informazioni chiedere a Simon Yates. Il Monte della Mettera (10,6 km al 3,5%, ma sale a gradoni) segnerà l’inizio della parte conclusiva, ma solo dal Monteluro la corsa dovrebbe accendersi: con i suoi 1,5 km al 7,6% medio e punte sopra il 10% dovrebbe creare la prima selezione in vista di Gabicce Mare, dove inizierà il terreno veramente adatto ai puncheur. Dal GPM di Gabicce Monte in poi sarà difficile trovare un solo metro di pianura, i velocisti e le loro squadre soffriranno moltissimo per controllare la corsa nelle tortuose strade del Monte San Bartolo. A circa 5 km dal traguardo inizierà la tecnica discesa finale, che in 3,5 km conta ben 11 tornanti: si può fare la differenza, uno come Mohoric potrebbe divertirsi e salutare tutti – mappa interattiva.
A chiudere ufficialmente la prima settimana ci penserà la crono lunga di questa 102° edizione: 34,7 km, di cui 12,2 molto complicati, in territorio sammarinese – mappa interattiva. I primi 22,5 km fino a Faetano sono totalmente pianeggianti ed adatti agli specialisti, ma da qui si inizierà a salire per raggiungere le strade della capitale del microstato. Questa è stata teatro di molte prove contro il tempo in passato (ben 8 tra 1951 e 1997) e a volte anche tappe in linea, come nel 1998 quando Noè anticipò Pantani (video). La prima parte dell’ascesa conclusiva misura 5,35 km al 6,6% medio, ma è piuttosto irregolare, fattore da tenere in considerazione in una crono. Nel falsopiano seguente bisognerà avere grandi gambe per innestare subito il rapportone, senza però esagerare perché negli ultimi due chilometri si tornerà a salire, questa volta con una pendenza del 6,4%. Le prove mosse mi sono sempre piaciute perché portano a sorprese, ma un tratto pianeggiante più lungo (qui o a Verona) sarebbe stato necessario per favorire i passisti. Da applausi comunque la scelta di posizionarla così presto, le cronometro vanno sempre messe prima delle montagne per costringere gli scalatori a fare i conti con distacchi reali e non proiezioni ipotetiche, spesso esageratamente ottimistiche.
Precedentemente ho scritto la parola “ufficialmente” perché in realtà il vero inizio della seconda settimana si può considerare la frazione di Pinerolo, mentre le due tappe di Modena e Novi Ligure sono di semplice trasferimento, senza un metro di salita. La Cuneo – Pinerolo doveva essere un omaggio a Fausto Coppi per due ricorrenze: il centenario della nascita e 70 anni dalla sua impresa più famosa, la leggendaria cavalcata solitaria tra Cuneo e Pinerolo (profilo). Per questo si erano fatte le ipotesi più suggestive: dalla ripetizione completa della tappa alla sostituzione di Maddalena e Vars con l’Agnello e l’aggiunta del Pramartino (profilo proposta). Rimanendo in Italia sarebbe stato possibile comunque disegnare buoni percorsi, ad esempio ripetendo l’opzione proposta nel 2009 (profilo) o, ancora meglio, sostituendo il Sestriere con il Finestre (profilo, l’avrei adorata). Ma anche evitando le grandi cime si sarebbe potuto disegnare un tracciato molto interessante, ad esempio scalando Valmala, Colletta d’Isasca e Pramartino prima del Montoso – profilo. Non mi sarei nemmeno scandalizzato se avessero usato soltanto le ultime due, ma hanno deciso di ridurre il tutto alla sola ascesa del Montoso. Dopo tutte le alternative che vi ho proposto, capirete la mia delusione alla rivelazione del percorso, un’occasione buttata al vento. Detto questo, nell’economia della corsa ha totalmente senso come approccio alle Alpi, in fatto di ordine si sono superati quest’anno, ma rimane comunque un vero peccato. Il primo passaggio sul muro di Via Principi d’Acaja (da notare il fondo stradale in porfido – foto) darà ufficialmente inizio al finale di corsa, con il terribile Montoso che inizierà 14 km dopo. Questa è una salita dalle pendenze incredibili, ha una sezione intermedia di 6,5 km al 10,6% medio. Lo si più considerare un “mini” Mont du Chat. Dalla cima mancheranno 32 km, circa 10 in discesa abbastanza tecnica. Con un minimo di ritmo il gruppo non esisterà più e il tratto pianeggiante finale può dare il via a movimenti tattici interessantissimi, soprattutto nel caso qualcuno avesse qualche appoggio davanti. Il secondo passaggio sul muro di Via Principi d’Acaja sentenzierà il vincitore, gli ultimi 3 km dovrebbero essere identici a quelli del 2016 (profilo, purtroppo non ho trovato un video online, mamma Rai ha pensato bene di cancellare molti dei filmati su youtube che invece raccontavano la sua storia).
A seguire il gruppo affronterà l’arrivo in salita più duro della corsa e lo farà in una tappa molto impegnativa. Sinceramente pensavo che questa sarebbe stata una monosalita e invece Vegni&co sono riusciti a caricarla mantenendo un senso (cioè non mettendo dislivello a caso): questo grazie alla magnifica sorpresa di Pian del Lupo, senza dubbio la migliore di tutta la presentazione, una scelta talmente tanto inaspettata che non era segnata nemmeno su Google Maps. L’inizio è subito interessante: dopo 13 km i ciclisti si troveranno a scalare la breve Colletta di Cumiana, solo un antipasto per quello che verrà, ma la lotta per la fuga potrebbe essere molto accesa. A seguire il Colle del Lys, valicato per il secondo anno consecutivo, ma questa volta dal versante più duro, quello di Almese (profilo). 14 km al 6,7% e gli ultimi 5 km all’8,3%, può far esplodere il gruppo se dovessero continuare gli attacchi.
La parte più interessante comunque comincerà a Cuorgnè, quando il gruppo si troverà ai piedi di Pian del Lupo, erta molto impegnativa, con una sezione centrale che misura 2,5 km con una pendenza media dell’11,2%. Difficile pensare ad attacchi da lontano visto il lungo falsopiano fino a Noasca (circa 15 km), ma sicuramente segnerà le gambe dei corridori, che avranno ancora un’ascesa da affrontare. Lago Serrù è il primo dei due bacini idrici posizionati poco sotto la cima del colossale Nivolet, universalmente riconosciuto come una delle salite più spettacolari del mondo per il suo maestoso paesaggio. Fino a Ceresole reale ci sarà probabilmente selezione da dietro (si passerà dalla vecchia strada, molto più bella, e non dalla galleria), con 4,5 km di spianamento a divedere in due la scalata. L’ultimo segmento è senza dubbio il più duro, con 5 km al 9,5% di pendenza media. Con tanta durezza accumulata precedentemente qui in molti potrebbero saltare, i distacchi potrebbero essere importanti – mappa interattiva.
Avevo riposto molte speranze nella tappa di Courmayeur perché la Valle d’Aosta è un po’ l’Andorra d’Italia e si possono disegnare sequenze da sogno e devo dire che gli organizzatori sono stati bravi, ma comunque devo ammettere di essere un po’ deluso. Il finale, sia chiaro, è perfetto (salita dura e poi ascesa più blanda per inseguimenti, altri dovrebbero prendere nota), però la parte precedente lascia un po’ a desiderare: il breve chilometraggio ci può anche stare con un disegno così (anche se tutti probabilmente aspetteranno il San Carlo), però da Saint-Vincent si avevano numerose opzioni per indurire la prima metà. Joux, Tzecore, Saint-Pantaléon, Saint-Barthélemy e Champremier sono in un fazzoletto di terra (tanto che potrebbero essere usate in una fantastica tappa-circuito – proposta). Ad esempio si sarebbe potuta mantenere la brevità sostituendo Verrayes con lo Champremier in partenza (profilo), oppure andare sopra i 160 km con Saint-Pantaléon e Saint-Barthélemy (profilo). Detto questo, i 6,7 km all’8% di Verrayes apriranno una frazione veramente interessante alla quale i ciclisti arriveranno con le gambe segnate dal Nivolet del giorno prima e probabilmente anche con gap interessanti grazie alla crono di San Marino. Ci saranno sicuramente un’infinità di attacchi.
Dopo il fondovalle per attraversare il capoluogo regionale, sarà il turno di Verrogne, ascesa impegnativa, ma probabilmente relegata ad un mero lavoro di sfiancamento. Sarebbero potuti salire dal più arcigno versante di Homené (11,8 km all’8%), ma sarebbe cambiato poco – alternativa. Subito dopo la tecnica e rapida discesa toccherà Col des Combes, che sarebbe un ottimo trampolino di lancio, ma difficilmente vedremo qualcuno muoversi qui. Il breve strappo di La Salle intorremperà il falsopiano verso Morgex, dove inizierà la superstar di giornata: il colossale Colle San Carlo. 10,5 km al 9,8% medio, una costanza che impressiona e tanto terreno per fare la differenza. La cima sarà posizionata a 26 km dal traguardo, 17 dei quali in discesa (fino a La Thuile abbastanza tecnica, chiedere a Basso – video). L’ultima scalata risale al Giro 2006, quando Piepoli fu il primo a passare in cima per poi andare a vincere la tappa (profilo – video). Difficile dimenticare il ritiro di Rujano a pochi chilometri dal traguardo dopo aver scattato quando la strada puntava all’insù. Ci sarà ancora una salita da affrontare, anche se senza GPM, quella che attraversa il paesino di Verrand, con i suoi 3,4 km al 5,8%, perfetti per vedere inseguimenti e dare il colpo di grazia a quelli che sono andati in crisi. A seguire ancora falsopiano fino ad Entreves, in totale sono otto i chilometri per aprire i distacchi – mappa interattiva.
A chiudere la seconda settimana ci penserà la media montagna, scelta insolita ma molto apprezzabile, con quasi un copia-incolla del finale del Lombardia 2017 (profilo – video). Ben 237 km di percorso e quattro salite concentrate nel finale, qualcuno potrebbe pagare a caro prezzo le fatiche dei tre giorni precedenti. Già nel 2017 RCS propose una “mini”-Classica delle foglie morte durante la Corsa Rosa con la Valdengo-Bergamo, ma questa volta sarà molto più seria visto chilometraggio e durezza.
Il Ghisallo aprirà le danze, ma sfortunatamente non ci sarà il Muro di Sormano a seguirlo, ma la Colma, ben più facile. Questa sequenza fu usata nel Lombardia 2010 (profilo – video), corsa epica sotto il diluvio, con uno scatenato Gilbert che anticipò il compianto Michele Scarponi. La discesa è molto tecnica ed ha curve seriamente pericolose, come ad esempio quella dove l’anno scorso caddero Bakelants, De Plus e Petilli. Il lungolago è piuttosto tortuoso, inseguire può essere difficile come dimostrato quest’anno nella Classica delle foglie morte (video), ma il punto chiave verà subito dopo: il Civiglio. Salita vista e rivista negli ultimi anni, corridori come Pinot e Nibali la conoscono ormai metro per metro. 4,1 km al 10%, più che sufficienti per fare la differenza, mi incuriosisce vedere come verrà affrontata in un GT. Discesa tecnica e poi si va a scalare il San Fermo, un classico del Monumento autunnale. 2,7 km al 7,2%, si scolllinerà a 5,3 km dal traguardo. Sarà sicuramente un finale trepidante, qualcuno potrebbe provare a vincere il Giro – mappa interattiva.
Subito dopo il secondo ed ultimo giorno di riposo avrà luogo la tappa regina della 102° edizione della Corsa Rosa. 226 km tra Lovere e Ponte di Legno con 4 GPM, due dei quali sono Gavia e Mortirolo. Per far capire la durezza dovrebbero bastare queste informazioni. Si partirà subito in salita, con il Passo della Presolana da affrontare, in una posiziona perfetta per far esplodere la lotta per la fuga. Dopo la discesa abbastanza tecnica sarà invece il turno della Croce di Salven, con una prima parte arcigna ed uno spianamento poi. Sul GPM saranno passati solo 45 km e questa sezione potrebbe essere percorsa a velocità folli perché molti vorranno avere un compagno in avanscoperta. Nei 30 km di fondovalle tra Malegno ed Edolo la situazione dovrebbe farsi più chiara, con i ciclisti che da questo punto inizieranno a scaldare le gambe in vista del primo colosso di giornata.
Il Gavia è un mostro di 16,5 km all’8% medio, con gli ultimi 7 tutti sopra i 2000 metri di altitudine. Fece il suo esordio nel 1960 (profilo – video), ma per rivederlo ci vollero ben 28 anni, cosa che evidentemente lo fece infuriare visto che nel 1988 “accolse” i corridori con una leggendaria bufera di neve (profilo – video). Ultimamente è diventata una salita abbastanza abituale del Giro, con ben 10 presenze dal 1996 al 2019. L’ultima volta in cui è stato usato in accoppiata con il Mortirolo è stato nel 2008 (profilo – video), ma lo stesso avvenne nel 2006, con un percorso dalla durezza simile a quello proposto quest’anno (profilo – video). Indimenticabili le interviste dell’inimitabile Gibo Simoni dopo la tappa ed il giorno dopo. Sfortunatamente spesso ha avuto un ruolo di mero affaticamento, non è in una posizione decisiva dal 2000 (profilo – video), quando si arrivò a Bormio. Interessante era comunque anche il tracciato presentato nel 2004 con il traguardo in quota a Bormio 2000 dopo una tappa breve, ma non successe granché (profilo – video). La discesa è tecnica fino a Santa Caterina Valfurva, poi diventa estremamente semplice, facile immaginare che in molti riusciranno a riprendere la coda del gruppo prima di Grosio.
Dal piccolo borgo di Mazzo di Valtellina i ciclisti inizieranno a scalare il terribile Mortirolo. A livello sportivo secondo me è la miglior salita di quelle scoperte dai GT “recentemente”, cioè dagli anni ’90. Fece il suo esordio nel percorso della Corsa Rosa proprio nel 1990 (profilo – video), ma dal più semplice versante di Edolo. La prima scalata da Mazzo non si fece attendere molto, soltanto un’edizione, con il Coppino Chioccioli la inaugurò alla grande (profilo – video), ma la salita entrò veramente nella leggenda soltanto nel 1994, con la mitica Merano – Aprica (profilo – video) dove un giovanissimo Pantani mandò in crisi Indurain. Ha delle pendenze incredibili, ma è la loro costanza a fare la differenza, con un tratto centrale di più di 6 km al 12,2% medio. Qui gli scalatori dovranno muoversi quasi come se si arrivasse in cima, nel falsopiano seguente le gambe faranno male a tutti. Una volta superato l’abitato di Monno non si svolterà a destra verso Edolo come quasi sempre, ma si punterà verso Ponte di Legno, per un finale comunque simile a quello classico in cima all’Aprica: 14,6 km al 2,5% di pendenza media contro 15,4 km al 3,1% (o 14 km al 3,5% del versante di Santicolo). Assisteremo quindi ai soliti, fantastici ed agonici inseguimenti post-Mortirolo dopo 226 km di tappone. Difficile chiedere di meglio – mappa interattiva.
Il giorno successivo, con le gambe ancora pesanti, il gruppo affronterà una tappa insidiosa, con circa 3000 metri di dislivello. Quasi sicuramente sarà una frazione adatta ai fuggitivi, con l’azione dei big circoscritta all’ascesa conclusiva, ma con un po’ di fantasia qualcuno potrebbe provare a sfruttare le fatiche della giornata precedente. Dopo un tappone, infatti, è sempre preferibile mettere un tracciato almeno mosso, per possibili sorprese. I primi 18 km saranno percorsi a velocità folli vista la pendenza favorevole, ma il terreno di avvicinamento al Passo della Mendola è piuttosto tortuoso. Ci sarà sicuramente una pioggia di attacchi viste le buone possibilità di successo di un’azione da lontano, quindi è facile immaginare che la lotta si protrarrà almeno fino alle rampe della prima salita di giornata. La lunga e tecnica discesa su Appiano potrebbe offrire l’opzione perfetta per un’imboscata a sorpresa (soprattutto se bagnata), ma non sarà semplice vedere i favoriti in azione.
I 40 km di fondovalle fino a Bressanone dovrebbero permettere alla fuga di prendere il margine necessario per giocarsi la vittoria parziale prima di entrare nel settore finale della tappa. L’inizio sarà segnato dal GPM di Naz, un’asperità di 4,7 km al 6,8% medio, ma con un tratto centrale più arcigno. Più dura è la salita di Terento con i suoi 5 km all’8,4%, famosa per essere stata l’ultima ascesa della San Vendemmiano – Falzes, capolavoro di Cunego e della sua Saeco nel Giro 2004 (profilo – video). Dalla cima mancheranno ancora 45 km, difficile vedere qualcuno provare una pazzia con così tanto falsopiano, se si vuole tentare l’azione ci si deve muovere già sulla Mendola secondo me. L’avvicinamento all’erta conclusiva sarà tutto in leggera ascesa, con il tratto duro che inizia solamente ai -4,4 km, i primi quattro all’8,5% di media prima di un leggero spianamento negli ultimi metri – mappa interattiva. Il traguardo sarà posto di fronte al Biathlon Center, in uno dei tracciati più suggestivi della Coppa del Mondo di un altro sport che amo.
Sinceramente questa frazione mi ha deluso molto, perché se è vero che anche con questa durezza può favorire sorprese dopo le fatiche del giorno prima, con un vero tappone avremmo potuto assistere ad uno spettacolo molto più interessante. Va anche detto che in questo modo si sarebbe concentrata molta, forse troppa, durezza nell’ultima settimana di corsa, bloccando un po’ le tappe precedenti, ma le prime 11 giornate sono comunque oltremodo semplici ed inoltre nessuno di questi tapponi avrebbe presentato arrivi in quota super-duri, forzando così i favoriti a muoversi da lontano. La mia alternativa sarebbe stata quella di affrontare la sequenza Erbe–Furcia prima del finale ad Anterselva, magari scalando prima anche il Collalbo. A seguire l’altimetria della proposta.

La 18° tappa sarà l’ultima occasione per gli sprinter e quelli che riusciranno ad arrivare fino alla partenza di Valdaora se la saranno meritata dopo i tanti metri di dislivello affrontati. Solo un GPM, percorso con tendenza discendente, difficile vedere le squadre degli uomini veloci sbagliare i tempi. Nelle ultime due edizioni Vegni ha sempre posizionato un traguardo in quota che si può considerare “secco” con sorprendenti risultati: infatti sia a Piancavallo 2017 (profilo – video) che a Prato Nevoso 2018 (profilo – video) i leader della corsa, Dumoulin prima e Simon Yates poi, fino a quel momento considerati più che solidi, sono andati in difficoltà. Il modello evidentemente sta funzionando nonostante una tappa monosalita sulla carta non sembrerebbe la scelta più azzeccata per gli ultimi giorni di gara. Detto questo, nel 2019 potrebbero aver un po’ esagerato visto che le pendenze di San Martino di Castrozza sono veramente abbordabili, ma chissà, se la maglia rosa dovesse andare in crisi su un’erta così pedalabile potrebbe perdere pesantemente. A precedere l’ascesa dove Di Luca vinse lo sprint nel 2009 (profilo – video) ci sarà un terreno vallonato con due GPM e numerosi strappi. Il primo sarà il Montello, dalla Presa 10 (profilo, fino al km 2), mentre il secondo sarà il suggestivo Passo San Boldo, in molti avranno visto la foto con la sequenza di tornanti che vanno a scomparire nelle gallerie. L’asperità finale conta 11,6 km al 6,1% medio, niente di impressionante. Lo scenario più probabile è quello di uno sprint tra i favoriti (magari non per la vittoria parziale visto che nei due casi precedentemente citati ha sempre vinto la fuga), ma vedremo se le fatiche precedenti ci regaleranno nuovamente delle sorprese – mappa interattiva. Parlando di possibili alternative, mantenendo l’arrivo in salita avrebbero potuto mettere un filtro poco prima: Croce d’Aune come nel 2009 (profilo), Passo di Cereda (mappa interattiva), Passo del Brocon e Passo di Gobbera (mappa interattiva) oppure Grappa e Croce d’Aune (mappa interattiva). L’opzione più suggestiva sarebbe comunque stata quella di arrivare in discesa dopo l’accoppiata Valles-Rolle (mappa interattiva).
5200 metri di dislivello positivo per chiudere le tappe di montagna di questa Corsa Rosa, un tappone di 193 km con l’ascesa più dura a 110 km dal traguardo. Il percorso è stato disegnato per seguire il tracciato della Gran Fondo Sportful, che sicuramente avrà sborzato una cifra notevole per aggiudicarsi questa posizione di lusso. C’è comunque qualche differenza: il passaggio a Cavalese e, soprattutto, l’arrivo in quota e non in discesa a Feltre. L’idea di voler costringere i favoriti a muoversi da lontano con tanta durezza mi piace molto, decisamente un’altra storia rispetto all’odiato fin de fiesta con traguardo su mostri di pendenza come Zoncolan o Angliru. Detto questo, il percorso è veramente al limite, la cima del Manghen a 110 km dal traguardo potrebbe essere troppo e l’ascesa finale non è semplice come potrebbe sembrare, i suoi 6,5 km all’8,8% potrebbero indurre qualcuno ad attendere. Dopo 14 chilometri si inizierà a scalare verso Cima Campo, una signora salita di 18,6 km al 6% medio, si spera che una pioggia di attacchi vada a colpire il gruppo.
Neanche il tempo di respirare dopo la fine della discesa che i corridori torneranno a puntare i loro nasi all’insù sul punto chiave di questa frazione: il Passo Manghen. Un vero colosso con i suoi 23,3 km al 7,1%, gli ultimi 6,2 km al 10% potrebbero rappresentare la perfetta occasione per sferrare un attacco mortale alla maglia rosa, ma bisognerà congegnare un piano perfetto perchè di strada ne mancherà ancora molta. Nelle ultime tre occasioni in cui è stata scalata dalla carovana rosa, lo si è fatto sempre verso l’Alpe di Pampego: 1999, 2008 e 2012. Particolarmente memorabile è stata l’impresa di Sella (video) di dieci anni fa, uno dei tanti capolavori del minuto scalatore vicentino in quell’anno magico, diventato terribile dopo le analisi dell’antidoping. La discesa è molto tecnica e stretta nella prima parte, si può fare la differenza, e alla sua conclusione si tornerà subito a salire verso Cavalese, uno strappetto di poco conto, ma che può essere importante se gli inseguitori dovessero guardarsi in assenza di gregari. Circa 13 km di fondovalle anticiperanno la terza ascesa di giornata, il Passo Rolle. Lunga e pedalabile, sarà un’asperità importantissima a livello tattico in caso di attacchi da lontano, visto che tutti dovranno prendere decisioni chiave come decidere se andarsene da soli o aspettare qualche compagno.
La lunga picchiata su Fiera di Primiero è rapida e con qualche tratto tecnico, ma la strada larga renderà la vita più semplice ai ciclisti. Il Croce d’Aune dal versante ovest non fa paura, ma i chilometri aggiuntivi verso la cima del Monte Avena lo rendono più impegnativo, con 6,5 km all’8,8% e un chilometro intero all’11%. È un’ascesa su cui si possono guadagnare anche 30″ con grandi gambe, ma per svantaggi maggiori non si può attendere, bisognerà provarci da lontano. L’ultimo chilometro è in leggera discesa, con la linea del traguardo che sarà posta in località le Buse, l’opzione migliore a livello logistico secondo gli organizzatori – mappa interattiva.
Il Giro 2019 si concluderà sulle strade di Verona con una cronometro quasi identica a quella che chiuse l’edizione del 2010 (profilo – risultati). La salita di Torricelle verrà affrontata dal lato opposto a quello usato nel 1999 e nel 2004 durante i Mondiali e sarà l’unica difficoltà di giornata. I distacchi dovrebbero essere piuttosto ristretti, difficile aprire gap importanti su una distanza così breve, ma almeno avremo una ultima giornata competitiva e non una kermesse per foto e brindisi – mappa interattiva. Il vincitore verrà premiato nella spettacolare Arena, dove già Moser nel 1984 e Basso nel 2010 alzarono le braccia al cielo.
In conclusione, un Giro spaccato a metà, con molte tappe interessanti, buona crono e fondo in abbondanza. Tracciato almeno da 7,5.
Ho usato gli editor di cronoescalada, ridewithgps e openrunner.
(Foto d’intestazione di RCS)
Raffaele Filippetti (@raffilpt)
la cosa che non amo in questo Giro è che molte regioni siano state completamente dimenticate: IL SUD prima di tutto ( Campania, Basilicata e Calabria) le 2 grandi isole-regioni, l’Umbria privilegiando spudoratamente il Nord e la regione Emilia Romagna (ben 5 tappe sede di partenze e/o arrivi)..Speravo inoltre di vedere qualche sede di tappa inedita e qualche nuova montagna dura
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Ciao Paolo, grazie del commento.
Come spiegato nel primo paragrafo, la partenza e la completa permanenza nello Stivale costringono a fare delle scelte a livello logistico ed economico e va considerato che si arriva da due edizioni in cui il Sud è stato girato in lungo ed in largo. Sulle nuove montagne: Montoso, Pian del Lupo e soprattutto Nivolet sono ottime novità, poi sono molto contento di rivedere il San Carlo dopo 13 anni.
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Ciao Raffilpt, avevo letto il tuo primo paragrafo e non credo che l’organizzazione avrebbe avuto difficoltà a creare qualche tappa più a sud. Sogno da tempo un arrivo a Maratea (con il difficile traguardo in salita sul Monte San Biagio) o un arrivo a villaggio Monte Faito e di vedere qualche cima davvero inedita (Forcella Zovo a San Pietro di Cadore; il rifugio Malamot ed il suo sterrato simile a quello del Colle delle Finestre;il rifugio Serot sopra Roncegno; il Bettaforca a Staffal, l’Alpe Malona; la Rocca a Vigo Rendena; la cima Castello a Marziai, la Sella Carnizza sopra Resia, la Baita di Parre ecc,)…o tentare una pazzia sul mitico Scanuppia?. Non capisco inoltre il senso di creare una tappa con gli ultimi 70 km identici all’arrivo del Lombardia…ma un arrivo al rifugio Cao a San Maurizio di Brunate?…Magari un giorno…
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Il problema non è la volontà di andare al Sud, ma le possibilità economiche e sportive che vengono offerte. Fino a poco prima della presentazione ufficiale, il comune di Cassino era in dubbio ed ha dovuto chiedere una specie di colletta per il finanziamento… Purtroppo non si può trascurare il fattore economico, RCS Sport deve far tornare il bilancio.
Si è già parlato lo scorso anno della Forcella di Zovo, ma poi sono stati riscontrati problemi di percorribilità e si è preferito il Costalissoio. La maggior parte delle salite che citi hanno enormi problemi logistici purtroppo, oltre a settori di sterrato in condizioni discutibili. Inoltre molte sarebbero arrivi in salita super-duri che per me hanno poco senso (come ad esempio la Scanuppia, un’esagerazione). La Sella Carnizza sarebbe una novità interessante, ma ci sono ascese molto più invitanti. Il Rifugio Cao è una buona opzione (anche se probabilmente l’arrivo andrebbe posto a San Maurizio), ma comunque il finale del Lombardia è molto più aperto tatticamente, può offrire tanto ciclismo in più. Per me ha molto senso.
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