Dopo un anno di assenza per problemi organizzativi, torna l’annuale articolo sui corridori che potrebbero esplodere durante la stagione. Come sempre, non ho voluto mettere chi ha già avuto grandi successi o chi sarebbe stato troppo ovvio. Mi scuso per il notevole ritardo della pubblicazione, idealmente l’avrei dovuta fare a gennaio

Davide Ballerini (Astana Pro Team). Dopo una stagione eccezionale con la Androni, con 24 primavere ed al terzo anno da professionista arriva il momento per approdare nel WT, più precisamente all’Astana, squadra che da anni presenta un importante nucleo italiano, un po’ in calo però con il passo di lato di Martinelli. Passistone dalla notevole stazza fisica, può comunque vantare una buona tenuta in salita (difficile dimenticare le sua tirate nell’esigente tappa di Sogliano al Rubicone della Coppi e Bartali 2018, chiusa poi al 9° posto – profilo, video) ed un eccellente spunto veloce, tanto da potersi giocare anche volate di gruppo. Il suo momento d’oro è stato senza dubbio l’accoppiata Pantani-Matteotti di fine settembre, bis consecutivo sinceramente impressionante. Veramente degno di nota è stato anche il suo esordio al Giro, dove non si è risparmiato in attacchi, cogliendo anche un 5° posto nella frazione più lunga, i 244 km verso Gualdo Tadino, mostrando quindi anche un ottimo fondo. Questo gli servirà visto che con le sue abilità è facile pensare che guarderà con molta attenzione alle classiche del Nord, pensando magari anche alla Sanremo. So che è un rischio metterlo nella lista visto che l’Astana spesso lascia poca libertà ai propri corridori, soprattutto nei GT, ma penso che Davide abbia talento a sufficienza per ritagliarsi i propri spazi di gloria personale.

Ivan Garcia Cortina (Bahrain-Merida). Vedere uno spagnolo andare forte sulle pietre fa sempre impressione, vederne uno che cresce con il sogno di volare nelle classiche e non nei GT è ancora più raro. Ivan corrisponde a questo identikit e dimostra la sua passione ogni volta che gli è possibile, come con la fuga dello scorso anno al Fiandre, dove si è tolto la soddisfazione di passare per primo sul Muur. Dotato di una potenza eccezionale e di una fantastica attitudine (mostrata in più di un’occasione, come nella fuga verso Gijon nella sua prima Vuelta), ha nel suo arsenale anche uno spunto incredibilmente veloce a differenza di quello che può essere considerato il suo predecessore (Flecha), mettendolo quindi nella condizione di potersi giocare più volte il successo, nonostante il primo da professionista non sia ancora arrivato. Capace di battagliare anche negli sprint di gruppo, se la cava comunque meglio in quelli ridotti e mossi. Difficile dimenticare il suo tentivo sullo strappo di Almadén, dove ha sfidato senza paura Valverde e Sagan (video). Penso che in questo 2019 riuscirà a sbloccare il casellino delle vittorie e ad avere più libertà in diverse corse.

Fabio Jakobsen (Deceuninck – Quick-Step). Uno degli sprinter più forti del mondo già nella categoria inferiore, con il fattore Quick-Step il passaggio al professionismo non è stato un problema, anzi, ha già firmato 7 successi nella sua prima stagione da pro. Due di questi sono arrivati nel WT (al Guangxi più precisamente, battendo corridori del calibro di Groenewegen, Demare e Ackermann) ed ha alzato le braccia anche in una classica prestigiosa come lo Scheldeprijs. La probabile scelta di Viviani di partecipare sia al Giro che al Tour chiuderà un po’ gli spazi dell’olandese nei grandi giri, ma questo dovrebbe comunque fare il suo esordio alla Vuelta, dove avrà già possibilità di timbrare il cartellino. L’abilità nel superare le salite ed il suo fondo lo rendono un velocista con più prospettiva del compagno Hodeg (almeno per ora), non dubito che riuscirà a ritagliarsi uno spazio importante nel casellino di vittorie della Quick-Step, mi aspetto la doppia cifra quest’anno, con successi di prestigio.

Yves Lampaert (Deceuninck-QuickStep). Dopo l’addio di Niki Terpstra allo squadrone belga, sulle spalle del portatore del driekleur ricadranno inevitabilmente sempre più responsabilità e ha dimostrato di meritarsele. La caratteristica chiave dell’armata di Lefevere rimarrà l’elevato numero di opzioni da giocare in corsa e questo scenario tattico si adatta molto bene ad un corridore come Lampaert, dotato di una gran sparata (basta citare la sua vittoria da finisseur, soluzione purtroppo sempre più rara nel ciclismo contemporaneo, nel vento di Nîmes nella seconda tappa della Vuelta 2017 – video) e di un gran passo in pianura, oltre ad una posizione in bici straordinaria. Autore di numerosi piazzamenti nelle classiche del Nord su cui spiccano le due vittorie alla Dwars door Vlaanderen, uno dei momenti più impressionanti della sua carriera è stato senza dubbio il tentativo di ventaglio a circa 70 km dal traguardo nella Roubaix 2015, corsa che poi chiuse nel gruppo di testa in 7° posizione. L’anno scorso ha già fatto un balzo in avanti importante grazie al bis alla DDV, l’impressionante cavalcata con Terpstra nella E3, la vittoria nel nazionale ed il terzo posto nella tappa del pavé del Tour, ma quest’anno mi aspetto almeno un podio in una Monumento ed un altro successo sulle pietre.

Juan José Lobato (Nippo Vini Fantini Faizané). Dopo i grossi problemi dello scorso inverno che l’hanno portato ad essere licenziato dalla LottoNL-Jumbo, lo sprinter andaluso si è rimboccato le maniche ed riuscito a tornare ad alzare le braccia al cielo in uno dei suoi arrivi, lui che ha il potenziale per essere il re dei traguardi su strappi, alla Coppa Sabatini (profilo – video). Per il 2019 aveva firmato con l’Aqua Blue, ma con la chiusura del team irlandese si è ritrovato a rinnovare con la Nippo. Fortunatamente e meritatamente quest’anno la squadra ha ricevuto l’invito al Giro d’Italia, dove Lobato potrà tornare a far vedere tutte le sue qualità, soprattutto c’è un finale che potrebbe piacergli molto, quello di Frascati. Un peccato però che RCS abbia pensato bene di lasciare a casa la compagine italo-nipponica per la Sanremo, senza dubbio il palcoscenico più prestigioso per un ciclista come Juanjo e dove ha già colto un eccezionale 4° posto nel 2014. Avrebbero meritato la Wildcard, ma sembra evidente che agli organizzatori italiani interessi più altro che i meriti sportivi. Comunque quello che serve allo spagnolo è la stabilità e sono sicuro che potrà tornare a farci divertire con le sue straordinarie volate in salita in più di un’occasione.

Valentin Madouas (Groupama-FDJ). Il figlio d’arte (suo padre è Laurent Madouas, ciclista degli anni ’90) nella sua prima stagione da professionista ha mostrato una maturità fisica e mentale fuori dal normale, competendo ad altissimo livello nelle sempre complicate corse francesi, a tappe o in linea, di montagna o vallonate. E probabilmente proprio la sua incredibile versatilità è la caratteristica che più impressiona: capace di chiudere 8° nella tappa regina e nella generale della Route d’Occitanie, ma anche di vincere la sua prima (e finora unica) corsa professionistica alla Paris-Bourges, beffando i velocisti dopo una lunga fuga – con brivido finale. Tra i molti piazzamenti colti in stagione (2° alla Paris-Camembert, 4° all’Haut Var, 8° alla Bretagne Classic), quello che spicca di più è sicuramente il 5° posto nella leggendaria Paris-Tour, una classica sempre complicata, resa ancor più dura dal cambio di percorso, giungendo al traguardo in un gruppo composto da Naesen, Benoot, Vanmarcke e Gilbert. Poca qualità insomma. Il ragazzo ha i numeri e l’attitudine giusta per diventare un grande, mi aspetto qualche nuova vittoria e competitività nella generale della Coupe de France. Secondo me può diventare un ciclista da Ardenne.

Nils Politt (Katusha-Alpecin). Il passistone tedesco ha fatto vedere grandi doti e un’ottima versatilità in questi anni e, giunto ormai a quota 25 primavere, è pronto ad esplodere. Oltre all’abilità sul piano (sia in linea che a crono), ha mostrato un’eccellente punta di velocità, un’ottima tenuta sugli strappi e una buona abilità nelle classiche del pavé, ritagliandosi così più di una chance nel calendario. Considerando poi che è stato uno dei pochi, se non l’unico, della Katusha a rendere ad un livello accettabile nel 2018, c’è da aspettarsi che possa avere ancora buoni margini di miglioramento. Qualcuno se lo ricorderà nel mitico Le Samyn 2016 (profilo – video), quando, a 21 anni e nella prima stagione da professionista, chiuse 5° in una giornata da tregenda, con un certo Niki Terpstra come mattatore, mostrando già di che pasta era fatto. L’anno scorso ha colto la sua prima ed unica vittoria in carriera nella corsa di casa (video), un Deutschland Tour (rinato dalle proprie ceneri grazie ad ASO) in cui si è comportato alla grande, con un altro podio parziale e quello nella generale. Il ragazzo non ha paura di attaccare e a volte paga l’inesperienza con vecchie volpi come Cousin, che sul traguardo di Sisteron l’ha beffato malamente, ma l’attitudine è quella giusta. Il risultato più importante della stagione comunque è stato il 7° posto nella Paris-Roubaix, corsa che credo potrà arrivare a giocarsi nel futuro. Sono sicuro che vedremo la sua mastodontica figura più volte in testa alla corsa a digrignare la sua dentatura così appariscente.

João Rodrigues (W52-FC Porto). La mia scommessa pazza per il 2019 non poteva non essere un portoghese. Dopo la clamorosa Volta a Portugal 2018, dove ha scalato quasi tutte le gerarchie in squadra fino ad arrivare ad essere il luogotenente di Alarcon, c’è poco da nascondersi, João è il nuovo talento lusitano. Ha volato in salita per poi sorprendere tutti nella dura crono finale, conclusa al 2° posto davanti anche al capitano, andando così a cogliere una 7° piazza finale nella sua prima Grandissima. Molto vistoso nei movimenti sulla bici, a 24 anni un’altra buona stagione può aprirgli le porte del WT, meta storicamente difficile da raggiungere per i ciclisti portoghesi. Il passaggio al Professional della W52 dovrebbe aiutarlo, fornendogli palcoscenici più importanti per esibirsi.

Maximilian Schachmann (Bora-Hansgrohe). Per ovvie ragioni non è facile scommettere su un ciclista che lascia i ranghi della squadra più forte del Mondo, cioè la Quick-Step, ma il giovane tedesco ha dimostrato delle capacità impressionanti che potrebbero portarlo a brillare anche lontano dalla corazzata di Lefevere. Scelta discutibile, anche perché di spazio riescono a trovarlo sempre, ma che si basa sulla volontà di avere più libertà nelle classiche (dove aveva davanti Alaphilippe, Jungels e Gilbert) e nelle corse a tappe (dove Enric Mas dovrebbe farla da padrone). Soprattutto le gara di un giorno sembrano poter essere il terreno di caccia prediletto dal Schachmann, la sua clamorosa prestazione alla Flèche Wallonne (da tantissimo tempo un attaccante non arriva così vicino a trionfare a Huy) ha lasciato pochi dubbi, così come i piazzamenti al BinckBank Tour (5° a Geraardsbergen e 4° finale) ed al Deutschland (3° nelle generale con una tappa). Da under aveva dimostrato un gran motore nelle prove contro il tempo (2° nel Mondiale U23 di Doha 2016) e la capacità di andare anche in salita (come dimostra la sua clamorosa fuga verso Piani di Tavagnasco al Giro della Valle d’Aosta Mont Blanc o la vittoria a Lac Blanc all’Alsace, sempre nel 2016), senza però raggiungere il livello dei migliori. Non per questo comunque ha avuto problemi ad alzare le braccia nel suo primo GT, nel folle Giro 2018, nell’arrivo in quota di Prato Nevoso, nella terza settimana di corsa, dopo aver portato la maglia bianca nei primi cinque giorni. Cose della Quick-Step. Il tedesco dovrà dunque adattarsi al cambio di casacca, ma mi aspetto comunque buone cose, soprattutto nelle classiche e nelle corse a tappe di una settimana.

Taco van der Hoorn (Jumbo-Visma). Dopo un 2017 corso da protagonista c’erano molte attese per vederlo all’opera nel 2018, ma una brutta caduta d’inverno, con conseguente commozione cerebrale, l’ha costretto ad una lentissima ripresa: il ritorno alle corse è arrivato solo ad agosto, a maggio non riusciva ad andare in bici per più di 45 minuti. Il rientro però è stato clamoroso: 10° nello sterrato della Slag om Norg e addirittura vittoria di tappa nella terza frazione del BinckBank Tour, dopo una fuga che diede la generale a Mohoric. L’olandese è poi riuscito a chiudere la generale all’11° posto ed era soltanto la seconda gara in stagione. Ha poi chiuso l’anno in crescendo, con piazzamenti in molti semiclassiche belghe ed un fantastico 9° posto nella Paris-Tours. Non è un caso che questo risultato sia arrivato con l’introduzione dello sterrato nella corsa francese, Taco è un vero e proprio specialista di questa superficie: è riuscito a vincere la Schaal Sels davanti ad un certo Wout van Aert (video) ed a battagliare fin sulla linea con Van der Poel nella magnifica Dwars door Het Hageland nel 2017 (video). Il passaggio alla Jumbo dovrebbe permettergli di fare un ulteriori salto di qualità, ma potrebbe essere costretto a lavorare per Van Aert in più occasioni. Questo però potrebbe anche giocare a suo favore, potendo sfruttare la presenza dell’asso del cyclocross come copertura per andare in avanscoperta, come fa la Quick-Step.
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Bonus. Oltre al già nominato Madouas, c’è un altro giovane ciclista francese che sembra avere i numeri per diventare un grande nelle classiche: Benoît Cosnefroy. Campione del Mondo tra gli under 23 a Bergen, nel 2018 ha mostrato sprazzi di grande classe soprattutto con il 9° posto in una dantesca Bretagne Classic e con il maestoso 3° nella Paris-Tours, dove ha fatto arrabbiare Terpstra. Lo metto tra i bonus (cioè tra i corridori con grandi potenzialità, ma con meno possibilità di brillare, soprattutto a causa del calendario) e non tra i dieci perché difficilmente avrà libertà, però ha un gran talento. Altro nome transalpino interessante è quello di Damien Touzé, che nel 2019 approda nel Professional con la Cofidis dopo un’ottima stagione con la St Michel – Auber93. Dotato di un ottimo spunto veloce, a 21 anni ha colto risultati degni di nota nel sempre competitivo calendario francese. Può veramente diventare qualcuno. Passando invece in territorio italiano, Andre Vendrame è una vallonaro veramente interessante, rapido e con una gran testa. Protagonista di una gran fuga verso Santa Ninfa nel suo primo Giro d’Italia, a 25 anni può essere arrivato il momento di fare il salto di qualità necessario ad andare nel WT. Rimanendo alle squadre nostrane, la Nippo (che ha fatto un gran mercato firme) si è aggiudicata le prestazioni di Alejandro Osorio, possibilmente lo scalatore colombiano più talentuoso della nuova ondata dopo Bernal e Sosa. Impressionante nel Giro U23 dello scorso anno, ha mostrato comunque poca costanza, dovuta anche ad una certa improvvisazione nella selezione cafetera per la Corsa Rosa. Un acquisto molto sorprendente della passata finistra di mercato è stato quello di Jonathan Caicedo da parte della EF: l’Ecuador sta tirando fuori ottimi talenti (Carapaz su tutti) e Caicedo l’anno scorso ha colto risultati eccezionali, su tutti la vittoria nella mitica Vuelta a Colombia. Di spessore anche i piazzamente in Spagna, 2° nelle Asturie dierto al connazionale della Movistar (che poi ha chiuso 4° il Giro) e 3° nella Vuelta a Madrid. Sfortunatamente una caduta con conseguente frattura della clavicola lo costringerà ad esordire tardi e con ritardo di condizione, ma può fare grandi cose. Chiudo con due ottimi velocisti baltici, entrambi firmati dalla Wallonie-Bruxelles: Emils Liepins e Aksel Nommela. Il primo ha mostrato di trovarsi a proprio agio nei complicati terreni inglesi, con tre top 10 al Britain e due allo Yorkshire. È rapido e regge bene sugli strappi (come a Bristol – video), nel 2018 ha colto la sua prima vittoria da professionista nella Market Heistse Pijl, corsa in cui si è ben comportato anche Nommela, con un gran 3° posto. L’estone ha mostrato le cose migliori nelle classiche belghe, soprattutto ha impressionato con il suo 2° posto alla Antwerp Port Epic (ex Schaal Sels).
Raffaele Filippetti (@raffilpt)