Analisi tappa 14 Giro d’Italia 2018

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Siamo finalmente arrivati al tanto atteso spartiacque di questa Corsa Rosa: lo Zoncolan. Il Gigante di Ovaro troneggia su una tappa non semplice, con salite con pendenze importanti durante tutto il tracciato e 186 km. Si tornerà sulla famosa cima friulana dopo quattro anni di assenza e questa ospiterà per la sesta volta in 15 edizioni un finale del Giro: nella prima si salì dal più “semplice” versante di Sutrio (usato per la prima volta nel Giro Rosa 1997, anche se non fino in cima), con vittoria di Simoni in maglia rosa (profilovideo); mentre dal 2007, nuova vittoria di Gibo, si è saliti sempre da Ovaro (profilovideo). La posizione nella corsa è buona, metterlo nella terza settimana come fin de fiesta, come fatto ad esempio nel 2014, sarebbe stato sbagliato perché avrebbe probabilmente bloccato la corsa per poi cambiare poco o nulla.

Meteo: Si prevede una giornata fresca, ma non fredda quanto si temeva negli ultimi giorni. La pioggia non dovrebbe comunque risparmiare i corridori, fattore che si farà sicuramente sentire, sia in salita che in discesa. Il vento soffierà da sud, quindi sarà favorevole nella prima parte di gara, mentre laterale su Duron, Valcalda e Zoncolan, comunque con velocità non problematiche.

San Vito al Tagliamento - Zoncolan Ragogna Avaglio

Anche se l’azione dei favoriti sarà probabilmente circoscritta alla salita finale, ci sono numerose ascese durante la tappa che andranno ad appesantire le gambe dei corridori, possibilmente favorendo gli attaccanti visto che su queste pendenze in gruppo dovranno tirare i passisti. Fino al Monte di Ragogna potrebbe addirittura trascinarsi la lotta per entrare in fuga, a quel punto portando dentro anche ciclisti molto importanti. Qui dovranno stare attenti anche i big perché la strada è stretta e il gruppo si potrebbe spezzare, soprattutto se la strada dovesse essere bagnata.

Finale Monte Zoncolan 2

Mappa interattiva del finale

La sequenza finale con Duron e Valcalda è praticamente identica a quella del 2010 (profilovideo), con il solo strappo di Priola a differenziarli. Quella fu l’edizione in cui ci furono i distacchi maggiori sullo Zoncolan, con uno scatenato Basso in caccia della maglia rosa di Arroyo (risultati). Nel 2011 si dovevano scalare invece Avaglio e Tualis (profilovideo) dopo la soppressione del colossale Crostis per le lamentele di alcune squadre (profilo), ma il secondo fu a sua volta evitato a seguito di un blocco preparato da alcuni appassionati, in protesta per quella decisione; nel 2014 fu invece la volta di Passo del Pura e Sella di Razzo, probabilmente l’avvicinamento più duro mai affrontato, ma con scarsi risultati (profilovideo). Come si può vedere, la scelta lascia ben sperare, con la giusta sequenza di durezza e vicinanza delle asperità ad Ovaro.

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Il Duron inizia forte e, se dovesse essere preso ad alto ritmo, potrebbe fare seriamente male. Supera spesso la doppia cifra di pendenza, quindi un forcing qui potrebbe far saltare in aria il gruppo, ma è difficile pensare di vedere attacchi visto che generalmente i corridori sono impauriti dai colossi con arrivo in quota. I leader dovranno comunque provare a passare nelle prime posizioni sul GPM perché la parte intermedia della discesa è stretta e particolarmente tecnica, anche pericolosa a tratti, quindi sarà un momento di grande tensione. Se dovesse piovere poi, il gruppo si potrebbe seriamente spezzare e spendere energie per rientrare non sarebbe sicuramente la miglior preparazione in vista dello Zoncolan.

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Dopo l’arcigno strappo di Priola i ciclisti si troveranno a scalare la Sella Valcalda. Salita senza dubbio meno impegnativa dal Duron, servirà comunque a “maltrattare” le gambe prima dell’erta conclusiva. La parte intermedia è chiaramente la più impegnativa, con pendenze anche in doppia cifra. La discesa è meno tecnica e dotata di una carreggiata decisamente più larga di quella precedente, ma tutti vorranno di nuovo affrontarla nell’avanguardia del gruppo vista la sua vicinanza ad Ovaro.

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Profilo interattivo

Quel mostro chiamato Zoncolan lo conosciamo tutti, come detto in precedenza, abbiamo avuto più occasioni per studiarlo ed ammirarlo (tempi di scalata). A dare il benvenuto ai corridori ci sarà molto probabilmente il classico arco con scritto “Porta dell’inferno”, non certo incoraggiante, ma sincero. Dopo un primo tratto relativamente semplice, inizierà il vero inferno: 5 km con una media del 15,3% e punte superiori al 20%. Un “si salvi chi può”. Questo segmento è semplicemente terribile, andando in crisi qui si possono perdere minuti. Sarà fondamentale scegliere il rapporto giusto e salire del proprio passo, visto che la scia qui conta pochissimo.

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Ai -3 c’è un leggero spianamento prima di tornare a risalire con pendenze sopra al 12%. Ma la tortura è quasi finita. Ai -2 si scende finalmente dalla doppia cifra puntando verso le gallerie, potendo così tirare il fiato in vista dell’arcigno finale. Se uno avesse ancora la gamba, qui potrebbe fare la differenza perché molti saranno boccheggianti in cerca di ossigeno. Gli ultimi 500 metri la strada torna ad inerpicarsi con inclinazioni disumane, tra due ali di folla in mezzo allo stadio naturale dello Zoncolan. Una festa.

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Io non sono mai stato un fan di salite come queste, ma può essere giusto, nell’economia di una corsa di tre settimane, che ci siano erte in cui la tattica viene meno e in cui il più forte può sprigionare tutti i suoi cavalli (o con ascese con queste pendenze o in forma di cronoscalata). Direi però che queste giornate si devono ridurre al numero di uno, accompagnate poi da molte frazioni in cui la tattica può farla da padrone, perché questa è l’essenza del ciclismo. Sarebbe bello comunque usare prima o poi il Gigante di Ovaro di passo, cioè non come arrivo in salita, scendendo da Sutrio. L’ipotesi è stata più volte presa in considerazione, ma i primi tre chilometri di discesa vengono considerati troppo pericolosi. Altra opzione interessante sarebbe quella di salire da Priola (profilo), altro versante dello Zoncolan, per poi scendere verso Sutrio evitando così la parte in dubbio. Sarebbero “solo” 5,7 km di ascesa, ma con una pendenza media del 12,8% e tratti a dir poco brutali. L’arrivo andrebbe poi magari posizionato sulla Valcalda, in stile Mortirolo-Aprica – mappa interattiva della proposta.

Raffaele Filippetti (@raffilpt)

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