Per la prima volta dal 2011 la Grande Boucle è stato il primo dei tre GT ad essere presentato. “Casualmente” il giorno del UCI Cycling Gala. Lo ha fatto nel suo classico stile, con molte star presenti e video impressionanti, oltre alle solite chiacchere da politici. Verso la fine della cerimonia Prudhomme ha proposto la riduzione dei corridori per squadra ad un numero di 8, un provvedimento sicuramente necessario, che sembra sempre più avanzato nella testa degli organizzatori francesi. Ma andiamo a parlare del percorso.
Si partirà con una breve crono (o un lungo prologo) a Düsseldorf, presentata già tempo fa. La carovana si diregerà poi verso il Belgio, alla volta di Liegi, ma, invece di sfruttare le côte che contraddistinguono la Doyenne, gli organizzatori si sono accontentati di una scialba tappa per le ruote veloci. E sembrano vantarsene. Nel 1995, nella settima tappa, si passò addirittura su 10 salite della storica classica belga, con un Indurain scatenato (video). Il finale mosso arriverà nel giorno seguente, con il passaggio in Lussemburgo e su alcuni degli strappi protagonisti della corsa a tappe del Granducato e l’arrivo sull’asperità verso Longwy (finale interattivo). Dopo un’altra frazione per i velocisti si giungerà al primo arrivo in salita, l’ormai classica Planche des Belles Filles, presente per la terza volta in sei anni (video 2012 – video 2014). Sicuramente un buon primo assaggio di montagna, ma è veramente incomprensibile la scelta di tornare al finale del 2012 e non passare per lo Chevrères, inaugurato nel 2014 – finale interattivo, alternativa.
Dopo due tappe adatte ai velocisti (verso Nuits-Saint-Georges c’era la possibilità di mettere qualche salita per rendere il finale incerto, ma non è stato fatto), si affronterà il primo fine settimana sui Monti Jura. La prima delle due frazioni arriverà a Station des Rousses, stesso traguardo del 2010, ma con un’ultima salita più impegnativa: quel giorno si scalava la Côte de Lamoura, mentre questa volta toccherà alla più impegnativa Montée de la Combe de Laisia les Molunes. A fare da filtro ci sarà la Côte Viry – finale interattivo. Una buona tappa, che potrebbe favorire una fuga vista la durezza del giorno seguente.
La nona infatti è una vera perla. Si inizia con il Col de Bérentin, su cui si potrebbe già muovere qualche big. Ma il bello deve ancora arrivare. A metà tappa infatti i corridori incontreranno la terribile accoppiata Biche – Grand Colombier (finalmente dal meraviglioso versante di Virieu-le-Petit), sufficientemente dura per sperare che il gruppo possa esplodere. Dopo la tecnica discesa, un lungo tratto pianeggiante porterà alla Côte de Jongieux prima e al Mont du Chat, grande protagonista di giornata, poi. Dopo una lunga assenza (mancava dal 1974) torna infatti ad essere scalato e si concluderà a solo 25 km dal traguardo, di cui 12 su una complicata discesa. Nel finale si potrebbe assistere a spettacolari inseguimenti, con gli scalatori costretti a sforzarsi in un terreno non adatto a loro – finale interattivo. Sicuramente sarebbe potuta essere fatta meglio (Mont du Chat ovest + Epine est), ma per essere nella prima settimana è fantastica.
Dopo il riposo si riprende con la Périgueux-Bergerac, un omaggio alla crono in cui Indurain si trasformò nel Tirano de Bergerac, che però sarà una tappa in linea, per velocisti. È un peccato però, perché sarebbe stata la posizione perfetta per mettere una prova contro il tempo di 50 km ad anticipare i Pirenei, per costringere gli scalatori a muoversi sulle salite, senza più nulla da perdere e molto da recuperare. Altra frazione che sarà appannaggio dei velocisti è quella di Pau, dove non sembra ripeteranno i sali-scendi del 2012 e poi tappone verso Peyragudes. Dopo due edizioni il Tour torna ad avere una giornata di alta montagna con più di 200 km. 4 GPM: Ares e Menté prima del fantastico tris Bales – Peyresourde – Peyragudes. A differenza del 2012, l’arrivo sarà posto nell’aeroporto, con rampe vicine al 20%.
ASO ha deciso poi di proporre una tappa molto corta (solamente 100 km) ed esplosiva, seguendo l’esperimento provato con successo nella Sabañánigo-Formigal. Il problema però è che il percorso è veramente deludente, con solo tre salite (Latrape, Agnès e Mur de Peguere) nella parte centrale. L’idea di fondo è molto buona, ma mettendo il Col de la Core nei primi chilometri ci sarebbero state più possibilità di avere spettacolo, senza perdere la caratteristica della brevità – mappa interattiva alternativa. Nei giorni precedenti la presentazione si era parlato anche del Col des Marrous, che avrebbe seguito il Mur de Peguere, ma purtroppo non è stato inserito – mappa alternativa.
Si lasceranno i Pirenei dopo solo due giorni, dirigendosi verso Rodez. Tappa mossa, simile a quella del 2015 (l’ultima salita, La Primaube, sembra che sarà la stessa), adatta a fughe o a corridori veloci e resistenti sugli strappi. Veramente interessante la frazione successiva, con un’esplosiva partenza, terreno scomodo ed una complicata salita (con un tratto intermedio estremamente arcigno – altro profilo) che si conclude a 31 km dal traguardo. Da qui, due strappi ad interrompere la discesa, per un finale che potrebbe rivelarsi molto divertente – mappa interattiva. Soprattutto considerando che il giorno seguente è quello di riposo.
Il gruppo riprenderà la marcia con una tappa semplice, per velocisti sulla carta, ma con un inizio complicato che potrebbe favorire una fuga. A seguire arrivano le Alpi, con un tappone che passa su due cime mitiche della Grande Boucle: Croix de Fer e Galibier. A precederle ci sarà il Col d’Ornon. Il disegno è buono, l’arrivo in discesa anche, il problema è che sarebbe potuta essere fatta meglio e che il giorno dopo c’è un duro arrivo in salita. Per migliorarla sarebbe bastato inserire il Beau Plan (già usato in altre competizioni ciclistiche), che forma una sequenza perfetta con il Telegraphe – profilo tappa alternativa.
L’ultima possibilità per gli scalatori arriverà nella Briançon-Izoard. Scelta veramente deludente e sbagliata. Non tanto per il paesaggio dell’impareggiabile Casse Déserte, ma per il disegno e per l’idea dietro di esso. È chiaro che gli organizzatori vogliono assistere ad uno showdown ad alta quota tra i contendenti alla maglia gialla, ma l’ultima tappa montuosa deve offrire la possibilità di attaccare da lontano ed aprire grandi distacchi, mentre questa prevede praticamente solo il Col de Vars prima dell’ascesa conclusiva. Oltre all’opportunità di inserire il Col de Pontis al km 60 (che avrebbe cambiato comunque poco), avrebbero potuto posizionare l’arrivo nella stessa Briançon, oppure invertire i traguardi con la tappa precedente, ponendo prima il finale sull’Izoard e poi quello in discesa dopo il Galibier – proposte: La Mure-Izoard, Briançon-Serre Chevalier.
Il gruppo si dirigerà poi verso il Mediterraneo per affrontare una frazione mossa, ma possibilmente adatta ai velocisti, e, soprattutto, la crono “lunga” di questa edizione. Francamente mi vergogno a definire così una prova di 23 km. Terza edizione consecutiva in cui Prudhomme&co preparano uno smacco incredibile alla storia di questa corsa, da sempre equilibrata e adatta ai cronoman. Oltre alla lunghezza ridicola, il percorso sarà anche tecnico e mosso, quindi ancora meno favorevole agli specialisti. Il tracciato non è ancora stato presentato ufficialmente, ma a partire dalla mappa mostrata durante la presentazione si può ipotizzare che il profilo non dovrebbe essere molto diverso dal seguente. Tante curve, un duro strappo e arrivo nel Vélodrome, stadio dell’Olympique de Marseille. Mappa interattiva.
In definitiva, un percorso squilibrato, con molti punti negativi (su tutti i chilometri contro il tempo, la cifra più bassa degli ultimi 15 anni se si contano anche le TTT, la seconda peggiore se solo quelle individuali), molte tappe che potevano essere disegnate meglio, poca media montagna e opportunità per gli attaccanti. La migliore nota positiva è sicuramente la frazione di Chambery. Sulla carta si possono contare ben 8 tappe favorevoli agli sprinter, un numero sicuramente molto elevato, fin troppo. Se dovessi dare un voto, questo sarebbe sicuramente insufficiente.
Raffaele Filippetti (@raffilpt)
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