5 punti sul Giro d’Italia 2016

A tre settimane circa dalla fine della Corsa Rosa, è giunto il momento di fare un po’ il punto della situazione. Tantissime sono state le emozioni, le delusioni, i colpi di scena, le polemiche. Come in ogni GT del resto. Quindi, passata la malinconia post-Giro, ecco come ciascuno di noi ha visto la Corsa Rosa. I punti fondamentali che vorremmo discutere sono cinque e secondo noi riassumono in toto il Giro d’Italia 2016.

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Ritiri di massa dei velocisti esteri di punta

La prima polemica del giro ha riguardato l’abbandono di Kittel alla nona tappa, seguito successivamente da Greipel e da Ewan. Sono abbandoni strategici di corridori che vogliono fare bene al Tour o in altre corse successive e abbandonano in prossimità delle tappe più dure.

Raffaele. Vegni e i giornalisti Rai hanno poco da lamentarsi con i vari Kittel, Greipel ed Ewan che hanno abbandonato prematuramente il Giro: innanzitutto questo comportamento è dovuto al fatto che l’obiettivo della maggior parte delle formazioni è il Tour per la differenza di appeal tra la corsa francese e quella italiana; questo gap è stato ampliato proprio dalle scelte deliranti degli organizzatori che, attorno agli anni ’80, hanno deciso di presentare percorsi a favore dei corridori nostrani (Moser e Saronni su tutti). Vegni a fine Giro ha vagliato la possibilità di introdurre regole per non permettere questi ritiri, ma, oltre alla difficoltà applicativa (basterebbe fingersi malati), preferisco vedere i migliori velocisti per due settimane rispetto a non vederli proprio, con susseguenti polemiche sull’assenza di “big” alla partenza della corsa.

Alessandra.  È un peccato, per il Giro, che i velocisti non italiani decidano di abbandonare la corsa per altri obbiettivi. Le polemiche, però, sono pressocché inutili, dato che chi resta viene premiato con la maglia rossa. Rimane sempre un punto debole del Giro: con più velocisti la lotta per la rossa potrebbe essere più interessante. Mi chiedo però, invece di contestare chi viene solo per alcune tappe, perché non si cerca un modo per invogliare i velocisti a rimanere in corsa?

Matt. I velocisti stranieri si ritirano a metà Giro? Fanno bene! La Corsa Rosa era un’ottima preparazione per il Tour (anche Kristoff avrebbe voluto parteciparvi), ma l’ultima settimana era poco adatta alle loro caratteristiche e non avrebbe portato loro grandi benefici. Ricordiamoci che molti dei velocisti di punta vogliono arrivare in forma ad ottobre per il mondiale di Doha, non certo una cosa facile quando si fanno due GT.

Ferio. In questo Giro si è discusso molto sulle defezioni in corsa dei vari Kittel, Greipel, Demare e di altri velocisti stranieri che, al posto di lottare per la rossa, hanno preferito ritirarsi prima di arrivare a Torino. Le ragioni che supportano il loro ritiro in anticipo sono molteplici: è sotto gli occhi di tutti che il Giro, che piaccia o meno, ha meno appeal e blasone del Tour e, siccome molti di questi ritirati hanno in programma di prendere parte alla Grande Boucle, hanno preferito non accumulare troppe fatiche durante questo Giro per poi essere più freschi al Tour. Bisogna considerare anche che ad Ottobre ci saranno i Mondiali in Qatar, che si adattano molto ai velocisti puri, perciò “bruciarsi” tutto tra Giro e Tour potrebbe penalizzarli nella preparazione alla rassegna iridata. Nonostante qualche “caduta di stile” (non sono mai apprezzati i ritiri programmati annunciati in anticipo come quello di Greipel dopo la vittoria a Bibione) penso che non bisogna biasimare più di tanto l’esodo dei velocisti stranieri vissuto in questo Giro, anzi, forse bisognerebbe piuttosto essere soddisfatti già della loro presenza al via da Apeldoorn, perché era da tempo che il livello medio degli sprinter non era così alto.

Riccardo. Completare tutte le 21 tappe di un GT è complicato, affatica molto i muscoli ed ha un grande impatto sulla stagione di un ciclista. Non si può fare come nelle corse di una settimana che, se le ultime frazioni non sono adatte alle proprie caratteristiche, le si corre a ritmo blando e si conclude comunque la gara senza avere ripercussioni. Considerando anche che le tappe finali dei Grandi Giri sono, di norma, le più dure dell’anno, in particolare quelle del Giro. Inoltre, a molti non piacerà ammetterlo, ma è così, la Corsa Rosa è meno importante del Tour e la volata degli Champs-Élysées vale più di molte tappe del Giro messe insieme nel palmarès di un velocista. È per questo che ritengo condivisibile la scelta dei migliori sprinter stranieri di ritirarsi, in particolare quest’anno, con il Mondiale di Doha ad attenderli a fine stagione. È interessante poi sentire quelli della Rai, in particolare De Stefano e Beppe Conti, lamentarsi sia che gli uomini veloci si ritirino sia che non partano proprio, come se dovessero essere loro a decidere il programma di corsa, magari saltandone alcune perché meno importanti del Giro (che scandalo, che mancanza di rispetto!).

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La consacrazione di Chaves e Kruijswijk come aspiranti ai GT

Protagonisti a sorpresa (ma non troppo), Kruijswijk e Chaves al Giro hanno mostrato di che pasta sono fatti. Il primo ha corso praticamente da dominatore quasi tutte le tappe del Giro. Bloccato da una caduta alla penultima tappa, ha concluso la Corsa Rosa al 4° posto. Il secondo invece ha conquistato il podio del Giro, indossando anche la maglia nella 20° frazione.

Raffaele. Questi sono sicuramente i due nomi che si sono fatti notare di più in questa Corsa Rosa. L’olandese è stato il grande dominatore fino alla caduta nella discesa dell’Agnello, un errore che gli è costato una vittoria che sembrava ormai avere già nel taschino. Ad essere sincero non pensavo sarebbe mai arrivato a questi livelli, nemmeno dopo la sua esplosione nel 2011 con l’8° posto finale a 24 anni. È vero che lo scorso anno aveva già fatto prestazioni importanti nell’ultima settimana, ma la prova del 2016 lo mette su tutto un altro livello. Chaves invece è sempre stato un predestinato fino al terribile incedente al Laigueglia 2013, due anni dopo la vittoria nella generale del Tour de l’Avenir. La sua Vuelta 2015 è stata sicuramente un buon segnale, ma anche lui ha fatto un deciso passo in avanti in questo Giro d’Italia, sia in quanto a prestazione in salita, sia in quanto a sicurezza in corsa.

Alessandra. Che Chaves fosse capace di grandi cose nei GT lo aveva già fatto intuire alla Vuelta 2015, dove si è classificato quinto, vincendo anche due tappe. A 26 anni è arrivato secondo al Giro d’Italia, di sicuro da questo ragazzo dobbiamo aspettarci grandi cose. Mi ha sorpreso in positivo Kruijswijk che, onestamente, ad inizio Giro, non pensavo potesse arrivare dove è arrivato, anche se l’anno scorso ha affrontato davvero bene l’ultima settimana. Ha corso da dominatore praticamente quasi tutta la corsa e, nonostante la caduta, è rimasto in gara fino alla fine, atteggiamento da ammirare. Di sicuro meritava (almeno) il podio.

Matt. Tra i due la sorpresa maggiore è stata Kruijswijk. Entrambi nel 2015 avevano chiuso un GT nei primi 10, ma questo risultato era arrivato in modi diversi. Mentre il colombiano dell’Orica alla Vuelta era sempre rimasto nelle zone alte della classifica, l’olandese della Lotto-Jumbo era uscito di scena abbastanza presto dalla top 10 al Giro, recuperando poi posizioni su posizioni grazie ad un’ottima terza settimana. Ho avuto per molte tappe la sensazione che l’olandese sarebbe crollato nella parte finale di gara, ma probabilmente senza la caduta alla diciottesima frazione sarebbe arrivato meritatamente a Torino con la maglia rosa.

Ferio. Ad inizio Giro, io come molti altri, mi aspettavo la lotta Nibali-Landa, con gli altri che si sarebbero limitati a darsi battaglia per le posizioni di rincalzo. Per fortuna invece non è stato così: abbiamo assistito infatti ad un Giro d’Italia ricco di sorprese e colpi di scena, Giro che ha decretato la consacrazione come big dei GT due corridori come Steven Kruijswijk e Esteban Chaves. Entrambi sono stati (più o meno a sorpresa) grandissimi protagonisti in questa Corsa Rosa, regalando spettacolo in tappe come quella di Corvara, dove hanno staccato tutti i rivali involandosi alla conquista della tappa per il colombiano e della maglia rosa per l’olandese. Se il primo è stato ripagato degli sforzi con un grande secondo posto finale, l’olandese invece può ritenersi meno soddisfatto: autore di una Giro perfetto e con una gestione della corsa magistrale fino alla diciottesima tappa, la vittoria finale, che sembrava ormai in suo possesso (ha mostrato durante tutta la Corsa Rosa di essere il più forte in salita senza dare segni di cedimento e rispondendo agli attacchi vani degli avversari), è sfumata a causa di un errore lungo la discesa del Colle dell’Agnello, che gli ha causato, oltre alla grande perdita di tempo, anche pesanti conseguenze fisiche che hanno compromesso la stessa tappa e quella successiva di Sant’Anna di Vinadio. Ha dimostrato grande carattere e coraggio stringendo i denti nonostante il dolore e cercando, sforzo rivelatosi poi vano, di difendere il podio dagli attacchi di Valverde. Nonostante la grande rimonta di Nibali, considero questo ragazzo olandese il vincitore morale e colui che più meritava la vittoria di questo Giro.

Riccardo. 21 maggio, 14° tappa, da Farra d’Alpago a Corvara in Badia, Sellaronda, Giau e Valparola da affrontare nella frazione regina della corsa. Tutti attendono Nibali dopo il ritiro di Landa, ma sono Steven Kruijswijk e Esteban Chaves a staccare tutti i rivali, sorprendendo gran parte degli appassionati. Concluderanno il Giro rispettivamente in 4° e 2° posizione, anche se il piazzamento dell’orange non è quello che realmente avrebbe meritato. L’olandese aveva mostrato il suo grande potenziale al Giro e al Tour de Suisse 2011, all’età di 24 anni, ma nelle stagioni successive non era mai riuscito a dare seguito alle speranze riposte su di lui. Questo fino alla seconda settimana della Corsa Rosa dello scorso anno, nella quale ha lasciato brillare tutto il suo talento. Era il più forte in corsa, meritava di vincere, ma l’errore nella discesa dell’Agnello non glie lo ha permesso. Nonostante ciò se ne va con la consapevolezza di poter vincere un GT, cosa non da poco. Mentre Kruijswijk lottava con Kreuziger per la maglia bianca del Giro 2011, Chaves vinceva il Tour de l’Avenir, la corsa regina degli U23. Il futuro era roseo, ma una terribile caduta al Laigueglia, con lacerazione di un nervo del braccio, ha rischiato di porre fine alla sua carriera. Piano piano è riuscito a recuperare ed alla Vuelta a España 2015 ha vinto 2 tappe chiudendo al 5° posto della generale. Nonostante ciò il passo in avanti mostrato in questo Giro è stato davvero notevole e già alla Vuelta di questo anno può puntare seriamente al primo gradino del podio.

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Il peso delle squadre al Giro d’Italia 2016

Dai non esperti il ciclismo viene ancora considerato uno sport individuale. Ma chi nel ciclismo ha le mani in pasta capisce che, dietro le vittorie dei migliori c’è il sudore dei gregari. L’anno scorso abbiamo assistito alla lotta Astana-Contador, da cui l’ultimo è risultato vincitore. Quanto ha pesato quest’anno la squadra al giro ai fini della vittoria finale?

Raffaele. Per buona parte di Giro è sembrato che i due che si sarebbero giocati la corsa sarebbero stati quelli con la squadra più debole, cioè Orica-GreenEDGE e LottoNL-Jumbo, ma nelle ultime due tappe alpine la differenza è stata fatta chiaramente dall’Astana di un resuscitato Nibali, soprattutto nel fondovalle tra Agnello e Risoul e sulla Lombarda con Scarponi e nel tratto dopo Isola 2000 con un Kangert inviato provvidenzialmente in fuga. Infine spezzo una lancia in favore della Sky, più volte insultata dai media italiani, che sia la Rai o qualche giornale su Twitter, a causa di una formazione di “Serie B”. Sono arrivati al Giro con uno dei favoriti (diventato addirittura il grande favorito dei bookmakers dopo una incredibile crono nel Chianti) e dopo il suo ritiro sono riusciti a raggiungere una vittoria di tappa e la classifica degli scalatori con Nieve, oltre alle buone prestazioni di David Lopez e Roche.

Matt. L’Astana è stata ancora una volta la squadra più forte, ma non così dominante come nell’edizione passata in cui capitava spesso di vedere Contador nel ruolo di “intruso” nel trenino della formazione kazaka quando la strada saliva. Gran merito della rimonta di Nibali va comunque a Fuglsang e soprattutto a Scarponi, che si sono rivelati fondamentali nelle ultime due tappe di montagna. Sarebbe stato interessante vedere cosa sarebbe accaduto in casa Sky senza il ritiro di Landa: il basco avrebbe potuto contare soprattutto su Nieve, che si è dimostrato tra i corridori più brillanti in salita come dimostrano le sue prestazioni a Cividale del Friuli e a Risoul.

Ferio. Come tutti i GT anche questo Giro è stato influenzato dalla forza delle varie squadre dei big. È chiaro che l’Astana sia stata la squadra più forte in salita: la vittoria finale di Nibali è stata coadiuvata da compagni come Fuglsang, Scarponi e Kangert, soprattutto gli ultimi due (merito enorme al marchigiano) fondamentali per la rimonta negli ultimi due tapponi di montagna. L’unica squadra che ha parzialmente tenuto il confronto con la corazzata kazaka è stata la Movistar, con Alejandro Valverde che ha trovato il supporto specialmente in compagni come Amador (molto attivo nelle prime due settimane, più spento invece nella terza) e l’ottimo Visconti. Altra squadra apparsa molto compatta e solida, ma che è rimasta abbastanza nell’ombra, si è rivelata la Cannondale-Garmin di Uran, il quale è stato spesso scortato da Cardoso, Dombrowski e Formolo. Big penalizzati dalla quasi totale assenza di squadra sono stati soprattutto Kruijswijk e Chaves, i quali nel momento del bisogno si sono spesso ritrovati soli, situazione simile anche per il polacco Majka, che raramente ha trovato supporto dai compagni della Tinkoff. Da notare anche la prestazione di squadra del Team Sky che, dopo il ritiro di Landa, ha messo in mostra un’ottima condizione generale soprattutto di uomini come Nieve e Sebastian Henao che hanno smentito alcuni “esperti” che lo ritenevano un “team di serie B” (senza considerare l’assenza di uomini come König, Sergio Henao, Kiryienka e Intxausti). Anche nelle tappe più facili la forza delle squadre ha avuto la sua importanza: nonostante i tanti velocisti al via, poche erano le squadre veramente attrezzate per supportarli al meglio (col passare delle tappe infatti era sempre più difficile per i velocisti tenere “chiusa” la corsa) . La FDJ era una di queste, senonché al ritiro del capitano Arnaud Demare si è rivelata totalmente inconsistente. Altro uomo che ha avuto un ottimo supporto dalla squadra è stato Sacha Modolo, il quale ha ricevuto un grande aiuto specialmente dallo sloveno Mohoric e da Roberto Ferrari. Dopo il ritiro del velocista principe di questo Giro (Marcel Kittel), anche la Etixx-Quick Step si è rivelata una squadra variegata e competitiva su molti fronti, con uomini come Brambilla, Trentin e Jungels che si sono fatti notare lungo tutta la Corsa Rosa. Da citare anche la Lotto-Soudal, nella quale Greipel ha trovato un importante supporto soprattutto da parte di Jurgen Roelandts.

Riccardo. La squadra nel ciclismo moderno ha sempre più importanza e anche in questo Giro l’aiuto dei compagni è stato fondamentale. La forza dell’Astana ha permesso dapprima a Nibali di controllare la corsa e poi di ribaltarla, una volta che le cose si erano messe male. La tirata di Kangert in cima al Colle della Lombarda e il lavoro egregio di Scarponi sono il perfetto esempio dell’importanza di avere grandi gregari al proprio fianco. Ma anche Chaves ha potuto contare su un grande Ruben Plaza, che prima lo ha salvato nel falsopiano tra il Passo della Mendola e Fai della Paganella e poi lo ha aiutato in quello tra l’Agnello e Risoul. Kruijswijk invece ha potuto contare sull’aiuto di un super Battaglin, ma nelle tappe decisive è rimasto solo, in particolare nella disgraziata discesa dell’Agnello.

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pic Tim De Waele

Il Giro di Vincenzo Nibali

Il corridore siciliano sembrava già finito dopo le prime frazioni di montagna. Dopo aver deluso alla cronoscalata e nelle successive tappe; abbiamo poi assistito alla “resurrezione” del corridore, durante le ultime due tappe di montagna, che gli ha permesso di vincere il suo secondo Giro d’Italia.

Raffaele: Dopo il ritiro di Landa la strada sembrava spianata per Nibali, sebbene non avesse lasciato buoni segnali durante le tappe precedenti. Dopo la sorprendente difficoltà sul Valparola, la cronoscalata dell’Alpe di Siusi ha reso evidenti i problemi del siciliano. Si è iniziato a parlare di 25 W “persi” e dopo la debacle di Andalo si è arrivati a programmare analisi del sangue e si è addirittura parlato di ritiro. Ma, come ci hanno mostrato al Giro 2015 e al Tour dello stesso anno, in casa Astana sono esperti in resurrezioni durante la 3° settimana e così il leader della squadra ha ritrovato i 25 Watt, la vittoria di tappa e anche la maglia rosa.

Alessandra: Immaginavo un Vincenzo Nibali in forma strepitosa per tutto il Giro e una lotta “all’ultimo sangue” tra il corridore siciliano e Mikel Landa, poi ritirato. Tra errori tattici e gambe che non c’erano, è innegabile che le prime settimane del Giro abbiano deluso le aspettative di molti. Un vero e proprio miracolo, invece, è quello che è accaduto nella terzultima e penultima tappa del Giro, nelle quali una situazione ormai persa si è completamente ribaltata, nelle quali ho finalmente ritrovato il ciclista che ho imparato ad ammirare e tifare. Il ciclismo è anche questo.

Matt: Sarò onesto: veder vincere un Grande Giro solo grazie a due giornate di grazia non mi ha fatto impazzire di gioia. Vi farò un esempio che ben poco ha a che fare con il ciclismo. Immaginatevi un libro in cui un gruppo di ragazzi sono alla ricerca di un tesoro nascosto. Il narratore si focalizza su di loro fino al penultimo capitolo, rendendoli familiari al lettore. Poi all’ultimo capitolo li accantona per parlare di un nuovo personaggio mai menzionato in precedenza e che trova il tesoro. Nibali è un po’ come quello che viene introdotto all’ultimo capitolo. Tanto di cappello per cosa ha fatto nelle ultime due tappe di montagna, ma i corridori che hanno reso interessante il Giro sono stati altri (in particolar modo Chaves e Kruijswijk).

Ferio: Nonostante la vittoria finale, il Giro per Vincenzo Nibali è stato abbastanza complicato. Nelle prime due settimane non ha mai mostrato quello che molti di noi si aspettavano da lui, ma anzi è sempre apparso in difficoltà senza essere in grado di rispondere agli attacchi degli avversari (la cronoscalata dell’Alpe di Siusi e Andalo sono state forse i momenti più difficili del suo Giro). Tutto è cambiato però dalla tappa di Risoul, dove, complice soprattutto la sfortuna del leader della generale Kruijswijk, Nibali ha finalmente mostrato il suo potenziale dando inizio alla rimonta che si sarebbe poi completata nella tappa successiva. Ancora una volta il siciliano ha mostrato una consistenza e forza mentale non consona alla sua statura di campione: come al Tour de France dell’anno scorso infatti, abbiamo assistito a due settimane di difficoltà per Nibali, accompagnate da disguidi e attriti con la squadra, aspettative pressanti, critiche di “tifosi” ed “esperti” occasionali, “teatrini” e “telenovele” insulse inscenate da mass-media come la Rai.

Riccardo. Come lo scorso anno, il leader dell’Astana è stato solido ad inizio corsa (tranne Roccaraso), per poi crollare intorno al secondo giorno di riposo ed infine risorgere nelle ultime due tappe di montagna. È quindi stato un “classico”, anche se ogni volta stupisce un po’. Nibali non è stato al livello del Tour 2014 e neanche a quello de La Toussuire della scorsa Grand Boucle, ma ciò gli è bastato per vincere il suo quarto GT. Magari lo ricorderà come il più difficile da vincere e il più emozionante, ma sicuramente non quello in cui si è espresso al meglio.

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Sorprese e delusioni

Come in ogni grande corsa a tappe ci sono state sorprese e delusioni. Alla prima categoria appartengono sicuramente la vittoria di Foliforov nella cronoscalata, la tenuta di Jungels sulle tre settimane, il prologo e la crono del Chianti di Roglič (sia il lussemburghese che lo sloveno sono stati inseriti in Potenziali corridori TNT), come quella di Landa. Il russo della Gazprom era considerato un giovane promettente in passato e ci si poteva attendere una sua vittoria in fuga come quella di Ciccone (che ha raggiunto il suo primo successo a Sestola a soli 21 anni), ma ha stupito tutti sull’Alpe di Siusi. Jungels ha dimostrato una tenuta inaspettata oltre ad un motore incredibile (di cui invece eravamo già a conoscenza): nonostante alla vigilia si pensava che le grandi salite sarebbero state per lui un grande ostacolo e per la maglia bianca avrebbe dovuto capitolare a Formolo, favorito della vigilia. Il 6° posto finale è il premio per un Giro corso alla grande, attaccando addirittura quando era in possesso della maglia rosa. A 23 anni il futuro è dalla sua e potrà dimostrare di essere un corridore da GT. Primož, di cui avevamo parlato anche nel Prima di pedalare…, si era già fatto notare come scalatore alla Adria-Mobil, ma in questa Corsa Rosa ha mostrato doti da cronoman decisamente sorprendenti. Per pochi centesimi non ha “rovinato” la festa olandese a Dumoulin nel prologo e ha vinto nel Chianti, favorito senza dubbio dalla pioggia. Comunque per molti la sorpresa più grande è stata Kruijswijk, da tanti sottovalutato fin dall’inizio, ma che si è mostrato di capace di diventare il “dominatore” del Giro. Abbiamo anche assistito al ritorno a buoni livelli di corridori come Dupont e Siutsou, alla nuova solidità e costanza di Diego Ulissi, insieme al suo evidente passo in avanti in salita. Una sorpresa positiva sono state anche le tre settimane della Etixx, specialmente di Trentin e Brambilla, che ha vinto una tappa, si è preso la Rosa ed ha agito con grande freddezza a Pinerolo per favorire il rientro del compagno di squadra.

Il più deludente invece è stato Formolo, con tanti proclami a inizio corsa e pochi risultati, come spesso succede con le squadre di Vaughters. Anche il Giro di Pozzovivo e di Uran sono stati sottotono, sebbene parzialmente giustificati da problemi fisici (entrambi sostengono di aver avuto problemi alle vie respiratorie). Per quanto riguarda le tappe, dopo la buona Vuelta conclusa lo scorso anno, corsa alla fine di un periodo di stop per problemi fisici, ci si aspettava un De Marchi sempre all’attacco in montagna e addirittura vittorioso, cosa invece non avvenuta; possibile che abbia avuto problemi di salute. Ci si poteva aspettare qualcosa anche dall’eritreo Kudus.

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